Archivio | marzo, 2016

La Compagnia dei Poveri

31 Mar
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LA COMPAGNIA DEI POVERI

Nel millecinquecento, come nel resto d’Italia, i poveri erano esclusi dalla vita sociale della città di Todi. Contro questa concezione nascevano le Opere Pie e si faceva strada un cambiamento di mentalità, concetto duramente contrastato dalle autorità cittadine. Dalle Cronache volgari si viene a conoscenza che nel 1517 nasceva spontaneamente “La compagnia dei poveri” che rivendicava un ruolo amministrativo e un coinvolgimento sociale. Le adesioni furono moltissime, in particolare gli aderenti, per lo più giovani, erano abitanti dei rioni di Borgo, Santa Maria e Via Ulpiana. A capo di questo movimento si pose un certo Carlo di Biasino. Il Comune e il governatore, preoccupati delle istanze che propugnavano, contrastarono subito l’associazione e di forza la sciolsero, ponendo in atto anche persecuzioni e condanne verso gli aderenti più attivi. Tra questi, Nicolò di Luca, soprannominato “la Balena”, fu impiccato davanti al Palazzo del Capitano. Sono passati cinque secoli e non è cambiato nulla o quasi: non è morta la diseguaglianza sociale e il dio denaro, in mano a pochi, prosegue a essere la molla dell’egoismo umano.
Jacopino Tudertino

El Mastio de la Rocca nel tempo

24 Mar

1899

1899

1900 Il Mastio

1901

1905 Il Maschio e le pecore

1905

1911

1911

1926 Il Machio e la Femmina bc

1923

1926 Il Maschio

1924

1926 Lavori nuovo acquedotto

1926 – lavori acquedotto

1929Rocca  (il Maschio

1929

1930 La Rocca

1930

1934 Il Maschio restaurato

1934

1960

1960

1961 Rocca (il Maschio)

1961

Il Maschio e i Leoni n

La Rocca  (Il Maschio)

La Rocca be

Rocca  (Maschio b)

Rocca (il Maschio kp)

Rocca (il Maschio nk) j

Rocca (il Mastio) a

Rpcca (Muro del Maschio)

L’Antologia Tuderte: quanno ‘l calamajo è el còre (Rosella Tarquini)

17 Mar
Antologia Tuderte
Scrìi e aricconda un episodio de vita che se riallacci ta la nostra Città e concernente el rapporto sendimendale che ciài aùto o ciài anco’ co’ lìa. L’argomendo nun è vincolato e pote ariguardà le più svariate sfaccettature (meno che quille pulitica e ministrativa) de la nostra comunità tuderte. I laòri non déono esse pubbricati su la paggina del Gruppo “Sei di Todi se……” ma inviati a: jacopino.tudertino@libero.it. Pubbricherò co’ piacere, sul blogghe de Jacopinodatodi, li vostri scritti. Ah, la penna sirà la mano ma ‘l calamajo dèe da esse el core. Grazzie.

 

Rosella Tarquini 3 ROSELLA TARQUINI

RICORDI D’INFANZIA IN BORGO

Sono nata negli anni ’50 in Borgo, nel vicolo san Biagio a Todi. La vita di allora era decisamente diversa da oggi. Si viveva semplicemente, i vicini di casa erano come familiari. Si condividevano gioie e dolori. C’era tanta gioventù, famiglie numerose anche con i nonni. Si giocava per strada tranquillamente, tanto di macchine ne circolavano poche. I nostri giochi erano: nascondino, campana, berlina, tutto il cucuzzaro, a palla (a 10 fratelli), a corda, ai 4 cantoni, a guardie e ladri, allo schiaffo del soldato, a sassetti, a figurine, a palline colorate di vetro, con i tappetti. Questi ultimi si trasformavano con la fantasia in macchine che correvano su pista (si spingevano con il tocco di pollice ed indice), le piste erano disegnate col gessetto sul selciato oppure con un bastoncino sulla terra. ovvio il gioco di bambola per le bambine e “a guerra” per i bambini).Bello giocare a nascondino la sera al” bastione”. Qui il numero dei partecipanti era grande in confronto a quello del vicolo. Si facevano tanti scherzi, si suonavano i campanelli scappando via di corsa, si scriveva sulle porte di casa il soprannome oppure frasi simpatiche: sul portone di due fratelli che vivevano da soli non sposati (Antilia e Antonio) si trovò la scritta: Qui abitano ‘ndì e ìndo’.. frase significativa perché, chiamandosi, per le strade del Borgo riecheggiava il ‘Ndi..’ Ndo, è pronto il pranzo ecc.. A volte si facevano altri dispetti come nascondere vasi di fiori o scambiandoli dai davanzali e pianerottoli. Per andare a giocare fuori porta Perugina si usava dire: <Ma vado in Borgo..> come se già non ci stessimo! Ai tempi c’erano molte attività e negozi (botteghe).Vari generi alimentari (potrei dire i nomi e collocazioni ma andrebbe per le lunghe), molti artigiani, falegnami, restauratori, ricamatrici, sarte, calzolai (2), una tabaccheria, quella del “sor Pietro” dove io compravo le liquirizie a forma di pesciolino che costavano una lira. Poi una macelleria, il famoso bar osteria di “Chicchinetto e dell’ Ersilia” (vicino alla piazzetta dove era pure un bocciodromo), a Santa Prassede l’osteria di Mariano dove si andava a comprare il vino sfuso. Non scorderò mai il maniscalco Pietro detto “Chicchinetto”.La sua” officina “ era un “fondo” sotto casa mia. Lui cantava al suono del suo martellare e battere sull’incudine il martello sul ferro rovente.. Il tono della voce cambiava a seconda della forza che incuteva al colpo. Aveva una cavalla con la quale usciva tutti giorni: Il carro lo teneva riposto fuori porta Perugina. Ricordi indelebili sono quelli con cui si vivevano le festività. Per la vigilia dei Santi e del santo Natale si preparavano i maccheroni dolci. A Pasqua si usavano fare “le pulizie a fondo”. Quando passava il prete per la benedizione si faceva trovare la tavola apparecchiata con sopra il vino, il sale, la pizza di formaggio e le uova sode che sarebbero servite per la colazione pasquale. Durante la settimana santa al” legarsi” delle campane, noi bambini abitanti vicino al convento, giravamo con uno strumento che ci davano le suore per annunciare il mezzogiorno (lo strumento consisteva in una tavoletta di legno con un ferro a forma di maniglia che scuotevamo, provocando un gracchio suono) Per i morti si cucinavano le fave da gustare con i crostini e la bruschetta. Per la viglia della Madonna di Loreto “la Venuta”, il 9 Dicembre si stava a veglia aspettando la mezzanotte e si mangiava la pizza “sotto il foco” con le salsicce. Per la festa di san Bernardino da Siena il 20 Maggio, passava la processione lunghissima che veniva da Pian di Porto e Pian di san Martino e arrivava a San Fortunato. Si facevano disegni per terra con i fiori. Al mattino prestissimo li andavamo a raccogliere poi, una parte si utilizzava per l’infiorata, la rimanenza si gettava dalla finestra al passaggio del corteo. Lo spettacolo era bello, multicolore con i petali svolazzanti.. Quella mattina si andava a scuola più tardi. In processione le donne vestivano di nero, i bambini di bianco, gli uomini chiudevano il corteo. Un ricordo che mi metteva paura era “la muta” (così chiamavamo una vecchietta che sedeva sempre sugli scalini di casa sua a metà Borgo, vestendo abiti poveri (stracci) particolari, coloratissimi e mal messi, con una specie di turbante in testa e gesticolava emettendo suoni strani. Nelle sere d’Estate si stava al fresco seduti sul “pianello” o sugli scalini. I grandi parlavano e noi giocavamo. Si facevano anche lunghe passeggiate alle “Coste “ (da porta Perugina a Montesanto) o alla “Fabbrica” (da Porta Perugina a porta Romana).Spesso si raccontavano storie di fantasmi e, in particolare, di uno che stava sotto una quercia dove, si narrava, ci si fosse impiccato da vivo (o da viva?) Lascio immaginare la paura dato che non c’era l’illuminazione pubblica…Poi in passeggiate serali estive la cattura delle lucciole! Le mettevamo sotto il bicchiere e, al mattino erano sostituite con monetine.. Avrei tante altre cose da raccontare ma ci vorrebbe troppo tempo……i ricordi sono molti….
Rosella Tarquini