Archivio | dicembre, 2012

Le frazzioni de Todi: Canonica

31 Dic

Canonica

 

Frazioni e territorio tuderte

Da “Todi e i suoi castelli” di Franco Mancini

CANONICA
Popolazione (1808): 236; (1951): 453. E’ detta anche vecchia o del Colle, quasi a distinguerla dalle case che successivamente sorsero anche verso la strada Todi-Orvieto. Il nome di Canonica è una collegiata di dieci canonici e un priore, anticamente preposti alla chiesa parrocchiale. Questa, dedicata a Sant’Angelo, (della sua canonica e del campanile restano soltanto grandiosi ruderi) è ricordata da una iscrizione, nella quale, insieme alla data 1216, si leggono i nomi di papa Onorio III e del priore Francone: l’epigrafe si trova sotto la seconda porta dell’eremo già dei camaldolesi, cui nel 1555 Gabrieli da Fano cedette, con il consenso di Clemente VII, detta chiesa di Sant’Angelo. In seguito a tale cessione la sede della parrocchia fu trasferita a San Pietro in Vincoli, che i cronisti chiamano però de uncinis, dalle catene che l’apostolo tiene in mano. I rifacimenti e l’intonaco hanno cancellato la vetusta fisionomia del sacro edificio, sulla cui facciata è collocata una lapide che ricorda come esso venne ricostruito nel 1207 in occasione della pace fra todini e orvietani.
Nella prima metà del settecento i monaci terminarono di fabbricare l’eremo, dove si stabilirono seguendo la regola di San Romualdo: essi furono di gran soccorso ai poveri e offrirono a tutti caritatevole ospitlità. L’eremo, oggi di proprietà privata, venne abbandonato dai religiosi circa venti anni fa. Rimane, tuttavia, ben conservata la costruzione settecentesca, di cui si possono ancora vedere (allineate lungo il viale) le celle della clausura, la chiesa (una delle due cappelle laterali, destra, fu decorata nel 1890 da Luigi Sabatini), la foresteria.
Presso l’eremo si trova Mannèlle, la Torre di Iaco (poi Carvili) e quella di Croce, della quale resta una casa colonica con loggia quattrocentesca.
A sinistra della strada Todi-Orvieto è la Torre di Focolino (celebre per i fatti d’arme contro gli orvietani) e l’altra di Giovan Battista, presso cui venne costruito l’oratorio di San Sebastiano.
Si ricordano, inoltre, Masièlla (menzionata in un documento del 1420) con la distrutta sua Chiesa di Santa Maria, e la bella Torre di Rinaldo del Vecchio o di Collesecco.

Canonica 1923 (eremo camaldolesi) SI1923 Canonica (eremo dei Camaldolesi)

CANONICA (da “L’acqua dei castelli” di Massimo Rocchi Bilancini)

Pensando a Canonica si fa fatica ad indicare un centro, un luogo di aggregazione, una piazzetta. Canonica è frazione ma non è un borgo, non è un castello. E’ territorio vasto caratterizzato da un insediamento sparso, tra chiese e conventi (le canoniche appunto), torri e case semplici, ville padronali di ieri come di oggi. Un territorio per di più attraversato da una viabilità complessa e articolata, fra la statale 79 bis diretta a Quadro e Titignano, la Comunale che risale a Doglio e Monte Castello di Vibio, la vicinale di Colle Asciutto che ridiscende alla Pizzichina e a Pian di San Martino. Oltre ad una serie di strade minori ed altre di raccordo, il cui asfalto, quando c’è, spesso fa pietà. Più che nell’eremo camaldolese restaurato dal pittore Dorazio o nella chiesa parrocchiale di San Pietro de Uncinis, l’anima di questa frazione è proprio lungo queste strade, sulle quali affacciano singoli edifici isolati ma più spesso veri e propri aggregati di case, come Torrerosa, Le Case, Canonica Vecchia, Mannelle.

Massimo Rocchi Bilancini

Canonica (convento dei Camaldolesi)1920 Canonica (convento dei Camandolesi)

IL PALAZZACCIO di Canonica

“Il Palazzaccio, nel 1800, era proprietà dell’illustre famiglia Valentini, che aveva, in Canonica, una fiorente azienda agraria. Esponente di punta di questa storica famiglia tuderte, fu Antonio che era ufficiale napoleonico. Garibaldino di fede, Antonio Valentini, accolse a Todi Giuseppe Garibaldi e fu il suo anfitrione durante la sua permanenza in città. Il Palazzaccio passò poi ai Francisci, altra pregevole casata di Todi, i quali fecero costruire la cappella di famiglia. La zona, detta Colleasciutto o Collesecco, assieme alla torre, chiamata Torre di Rainaldo, divenne poi proprietà di Rainaldo Benedettoni, detto il Vecchio “

Palazzaccio 2

Il Palazzaccio oggi

Chi cià vecchie foto o conosce fatti e misfatti avvenuti a Canonica, pote inviamme documentazzioni e scritti, che siranno messi a integrazzione de li cenni storici sopra pubblicati
Jacopino Tudertino

jacopino.tudertino@libero.it

 

Le frazzioni de Todi: Camerata

30 Dic

Frazioni e territorio tuderte

Camerata

Da “Todi e i suoi castelli” di Franco Mancini

CAMERATA
Popolazione (1808): 192; (1951): 595. Uno storico todino della fine del sec. XVI attribuisce al partito guelfo di Todi la costruzione di case « camerate », con stanze, cioè, a volta, come più resistenti e sicure. Da qui il nome di Camerata, che deriva comunque, da camera (càmmora). Nel 1472 i ghibellini riuscirono a impossessarsi del castello, che for¬tificarono, minacciando i luoghi circonvicini. Camerata divenne così la roccaforte dei seguaci di Altobello Chiaravalle, che, cacciati da Todi, vi si rifugiarono in massa dal 1483 fino al 1499. In quell’anno Altobello fu trucidato ad Acquasparta: i ghibellini non facevano ormai più paura è papa Alessandro VI desistette dal proposito di far radere al suolo il castello: il quale, nei secoli successivi, fu giustamente ritenuto (per la sua magnifica posizione e per i boschi che lo circondavano) un piacevole luogo di villeggiatura. Vi soggiornarono, tra gli altri, nei primi decenni del seicento, i nobili signori della famiglia Sàrdoli.
La chiesa del paese è stata ricostruita dalle fondamenta nel primo decennio di questo secolo (1911): il campanile ha la forma di una torretta medievale.
Presso Camerata si trovava il fortilizio di Crispiano, trasformato in villa dai . nobili Borrioni e poi acquistato dai conti Prosperi. Crispiano aveva in antico una chiesetta dedicata a Santa Lucia.
Notevole è anche la Chiesa di Santa Maria degli Arcioni (o Arconi) che ha dato il nome all’odierna Canonica degli Arcioni. Situata sopra un’amena collina, a sud di Camerata, questa chiesa romanica, abbellita da robuste arcate (da cui il suo nome), prosperò a lungo sotto il reggimento di un priore e di tre canonici: fu anche chiesa parrocchiale. Di essa non rimangono che le pietre dell’abside, la robusta mensa dell’altare e una sbiadita e mediocre pittura (La Vergine col Bambino) del sec. XVI.
Insieme a Monte Volparo (di origine romana) e alla sua Chiesa di Sant’Angelo, ora distrutta, sono inclusi nel territorio di Camerata l’Olmeto (già delizioso rifugio estivo degli Stefanucci e degli Astancolle) la Chiesa di San Pietro da Laureto (poi de Cerreto), che un conte Rapizzo donò all’abate di Farfa, Porzone e Torre Camaglia, presso l’omonimo fossato, più tardi detta il Palazzaccio.

1913 Camerata1913

1924 Camerata ap

1924

1925 Camerata (Santa Maria degli Arcioni)

1925  Santa Maria degli Arcioni

Cameratadp

CAMERATA (da l’Acqua dei castelli di MASSIMO Rocchi Bilancini)

Il territorio del Comune di Todi, con una superficie di 223 chilometri quadrati, si pone quasi al centre dell’Umbria. Esso su una carta geografica ha l’aspetto di un rombo, con un perimetro e un orientamento straordinariamente simili a quelli della regione in cui si trova.  C’è somiglianza insomma tra i due territori, quella di Todi potendosi definire come “un’Umbria in miniatura”. Ne consegue che sia possibile instaurare un’equazione che veda coinvolte anche le nostre frazioni: per esempio Pantalla sta a Todi, al suo territorio, come Città di Castello sta all’Umbria. E Camerata? Camerata è la nostra Otricoli! Ma Otricoli è veramente umbra? E continuando così in questo gioco, Camerata è veramente tuderte? Questo per dire che Camerata è lontana dal Capoluogo, essa guarda a Melezzole e Collelungo, ai boschi dei Monti Amerini. Da Camerata si fa prima a scendere a Castel dell’Aquila piuttosto che a Todi, nonostante quelle “miglia cinque di malagevole cammino” di cui parla nel 1843 il perito Astancolle siano state nel frattempo asfaltate e non si facciano più né a piedi né a cavallo.

Massimo Rocchi Bilancini

Chi cià vecchie foto o conosce fatti e misfatti avvenuti a Camerata, pote inviamme documentazzioni e scritti, che siranno messi a integrazzione de li cenni storici sopra pubblicati
Jacopino Tudertino

jacopino.tudertino@libero.it

Li Orazzi e li Curiazzi nostrali

29 Dic

 

Orazi e Curiazi

Curréa a Todi l’anno 1364, quanno, perduranno le lotte fratricite ‘ndra li Guerfi (famija Atti) e li Ghibbillini (famija Chiaravalle), pe’ evità ‘na zuffa tamanda, se decidette de limità lo scontro co’ tre Chiaravallesi (Ghibbillini) e tre Attesi (Guerfi). Ricopianno el leggennario combattimento tra romani e albalonghesi, s’evitò attusì ‘no spargimendo de sangue più gràe. La cronica ricconta che li Ghibbillini pijarono le botte e ce ne arimasero secchi sticchiti un paro, mendre li Guerfi se la cavorono co’ carche acciacco e ferita. Comme da patti presi prima de lo scondro, li Ghibbillini sconfitti, lassarono Todi e se ne annonno in esilio.

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Todi annebbiata

28 Dic

Todi annebbiata

 

TODI ANNEBBIATA

Ma comm’è triste Todi quanno piòe
e c’è la nebbia fino a su la Rocca.
In giro nun c’è un cristo che ciabbocca
e n’tira mango el vendo a falla smòe.

Te mette ‘na mistizzia e un malumore,
co’ Piazza, stràe e li vicoli deserti!
Trìllichi ma li passi tua so’ incerti.
No, nun se pole. Te ce piagne ‘l core

e allora t’encammini pe’ jì’ a casa,
addòe magara avvamba el camminetto
e pòi asciuttatte l’ossa a bracia spasa.

O primavera, guarda che t’aspetto,
p’arivedella, Todi mia, pervasa
dal zole, bella comm’un giardinetto.

 

Jacopino Tudertino   28 dicembre 2012

Scuperta de l’America: ce stéa anco un tuderte

27 Dic

Scuperta de ll'America

Se chiamàa Fra Giambernardino dei Monticastri, antica e illustra famija de Todi. Era un frate parecchio dotto,  ne le lettere e ne l’astrolomia. C’ebbe li natali a Todi e portò lustro ta la Città, accompagnanno Cristoforo Colombo. Co’  lue stéa  ‘mbarcato su la Santa Maria e facette el Padre confessore de lo scupritore de l’America.

 

NOTA

Per la verità, pur riportato da vari cronisti e storici, tra cui Pirro Alvi, questo evento viene contestato e, se non negato, lo si giudica privo di atti e documentazioni che lo comprovino come veramente avvenuto.

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Trasimeno e Agilla (leggenda del lago Trasimeno)

23 Dic

Isola Polvese

 

LEGGENDA DEL LAGO TRASIMENO

Era fijo a Tirreno, Trasimeno,
princepe trusco, dal leggiadro aspetto,
che c’éa ‘l castello sua presso un laghetto.
Un jorno l’armonia d’un cando ameno
sendì venì dall’isola Polvese
e guasi ‘n accidende se lo prese.
Andiete a noto su quill’isoletta
e t’arriò a ridosso ta ‘na villa,
do’ stea a candà la dorce ninfa Agilla,
bella più de ‘na dea, bella e perfetta.
Restò da lìa stregato e lìa de lùe.
L’amore li travorze tuttieddue.
Ma spesso lìa cambàa là drendo al lago
e c’èano poco tembo pe’ sta’ ‘nzieme.
Lùe langue, se dispera, piagne e freme,
de quill’amore a rate nun è pago.
Lùe su la riva stéa e lìa a chiamallo,
sguazzanno drendo a l’acqua de cristallo.
Allora Trasimeno sconzolato
se butta drendo al lago co’ l’idea
de poté sta’ pe’ sembre do’ lìa stéa.
El princepe cusì morze affogato.
‘Na storia che aricconda che pe’ amore
se suffre, se gioisce e ce se mòre.
Jacopino  16 novembre 2012
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TODI – L’asilo d’una volta

23 Dic

L'asilo d'una vorta

Succedette, a Todi, mill’anni fa

22 Dic

 

 

2012 Inondazione a Pian di San Martino

Fatti di Cronaca riportati dagli storici:
Lelio Pontani, Gianfabrizio Atti, Gio Alvi e Battista

1012 – Grandissime inondazioni del Tevere, e degli altri fiumicelli e torrenti nel territorio todino con spessi terremoti. Si notarono ancora altri orrendi segni nel Cielo, che furon preludii di carestie e di mortalità, la quale crebbe a tal segno che nel mondo furono più i morti che i restati vivi.
Pirro Priore Alvi – 1910

Un pezzo de storia de Todi (1.200/1.300)

21 Dic

Viale di Porta Romana

Eriamo ta l’ingomincio del milledducendo. Todi avéa già sottomesso comme tribbutarie Amelia e Terni, quanno je fu concesso, da Papa Onorio III, de tranzidà, co’ l’esercito, su li territori de San Gemini. Li Tuderti, allettati puro da le rendite de li terreni de Tuscolano, Santa Ristituta e Melezzole, de le quali erono padroni li signori de Baschi e, arrapati de le cummunanze de Alviano e Guardea (fondi pontifici), che conzistéano de tamandi boschi e verdi pascoli, co’ la forza e l’astuzzia, se ne impossesorono. Gregorio IX supportò ma verzo ‘l milleducendotrentasette, inarberato, emanò un così detto “monitorio”, dòe lamendàa che li Todini, troppo superbiosi, stéano passanno ‘gni limite. Ntel monitorio l’incriminò d’esse nuncuranti e irrispettosi de la volondà de Dio e de l’omini, accusandoli d’avé distrutto svariati castelli de la Diocesi e d’avénne occupati andri che erono de Amelia. Ma, manco a dillo, Todi fece recchia de mercante e se ne fregò de quillo che dicéa el Papa.
‘Ntel milleetrecendovendi, quanno l’esercito de Todi conquistò Orvieto, co’ alteriggia e sfronnatezza, li Tuderti scrivettero su le mura de la rocca de la città occupata: “TUDERTES, URBEM VETEREM EXPUGNARUNT QUI NEC DEUM NEC HOMINES TIMENT”, rinfrescanno le parole de Gregorio IX. Tradotto, in italiano, vole dì’: “I tuderti, che non temono né Dio né gli uomini, espugnarono Orvieto”.  Tradotto in lingua tuderte sona cusì: “Li Todini, che nun cionno fifa del Padreterno e mango de l’omi, conquistonno Orvieto”. El Papa, a quilli tembi, era Giovanni XXII, che nu’ la mannò ju tando bene e fece ta Todi un “interdetto”, ch’era ‘na pena spirituale che tojéa l’esercizzio de certi sagramenti e  negàa d’avecce la sippuldura riliggiosa.
Jacopino Tudertino – dicemmre 2012

Cencetto (Tore Stella)

20 Dic

Stella Tore

Dal libro: “Sotto le ali dell’aquila”  di Tore Stella

Cencetto era il martire: semplice fino all’inverosimile, era addetto a portare i telegrammi e con le mance che riceveva andava poi a concedersi nelle mani del dio Bacco. Egli si innamorò di una sua collega portalettere di nome Casilde, longilinea e magra come una tavoletta, di circa 40 cm. più alta di lui. Cencetto non sapeva come fare per dichiararsi e siccome era analfabeta, mentre Casilde aveva fatto la II elementare, gli venne in mente di rivolgersi all’amico Gigetto perché avesse scritto per lui la domanda di matrimonio. Naturalmente una domanda di matrimonio occorreva farla in carta da bollo, così Cencetto non se lo fece ripetere due volte ed andò da Leopoldo Marri a comprare un foglio bollato da due soldi.
La mattina seguente, allorché i due si incontrarono in ufficio, Casilde ammollò a Cencetto due grossi schiaffi dicendogli: «Cara signora puttana (così iniziava la richiesta scritta da Gigetto) lo scrivi a chi ti pare e non a me». Di corsa Cencetto andò in cerca dell’amico e quando lo vide lo insultò così aspramente che Gigetto fece finta di offendersi ed anche da lui Cencetto prese altre due grosse sberle. Ad onor di cronaca Casilde e Cencetto si sposarono ugualmente, anche se in tarda età.