Il ponte sul Tevere, chiamato Ponte di Montemolino, che collega il territorio tuderte con quello di Marsciano, fu costruito sotto il podestà di Todi cardinale Tornaquinci. Sono trascorsi settecentotrenta anni, poiché quello di costruzione è il 1282. Per il ponte sono passate le armate delle tante guerre per il dominio dei territori, dei castelli e delle ville. Nei secoli è stato distrutto e ricostruito più volte e l’ultimo intervento, di ristrutturazione e messa in sicurezza, è avvenuto nel 2012. Nel percorrerlo in automobile, pensate ai cavalieri, arcieri e pedoni in armi, che nel corso del Medioevo, lo hanno attraversato, facendo la storia del territorio, scritta alternativamente dai Guelfi o dai Ghibellini tuderti.
Jacopino Tudertino
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Da “Todi e i suoi castelli” di Franco Mancini
La battaglia del 1310, svoltasi a Montemolino, e da considerare l’episodio più sanguinoso della secolare lotta tra guelfi e ghibellini di Todi (alcuni luoghi, nei pressi del ponte, presero i nomi di Rio Sangue e Morticcio): con i primi si schierarono i perugini; accorsero, in aiuto dei secondi, le truppe di Spoleto, di Narni, di Terni e di Amelia, comandate da Bindo de’ Baschi e dal duca della Valle spoletana, di origine savoiarda. I perugini, già padroni della Fratta, combatterono accanitamente ed ebbero completa vittoria: per essi si trattò, infatti, di annientare la più potente lega ghibellina dell’Umbria e con essa gli odiati e pericolosi spoletini sempre avversi al dominio di Perugia sulla fertile piana che si stende da Assisi fino alle Fonti del Clitunno. Al duca di Spoleto caduto sul campo i ghibellini tuderti sostituirono il romano Riccardo Spadatratta, il quale) battute dapprima le milizie collegate dei guelfi a Pian dell’Ammeto (venne poi a segreti patti con il nemico. Todi fu così attaccata da preponderanti forze, verso la mezzanotte di una domenica del settembre 1311. Vennero contemporaneamente assalite Porta Fratta, Porta di Borgo (plesso Santa Prassede) e quella della Valle. I ghibellini, colti nel sonno, improvvisarono una difesa a Porta Marzia, ma udite le grida dei vincitori,che dalla Porta della Valle avevano raggiunto Piazza Grande, si precipitarono nel Rione delle Cammuccìe, aprendosi un varco in contrada Paragnano (nome che il Ceci spiega «luogo coltivato a orto »), varco che permise loro di guadagnare rapidamente l’aperta campagna. Lo Spadatratta, sentendosi (in seguito a tale episodio) sospettato dai ghibellini, defezionò clamorosamente alcune settimane più tardi, passando con cento cavalieri all’esercito di Perugia, che da Casalina tentava una sortita nel territorio tuderte. I ghibellini di Todi attaccarono allora la sua effigie con la fune al collo ad ogni porta della città; sotto si leggeva: «Io son Riccardo Spadatratta: el tradimento ordinai e non venne fatto!» Come lo era stato della sconfitta, Montemolino fu per i ghibellini di Todi il campo del trionfo e della vendetta. Il castello assistette, infatti, alla marcia vittoriosa dei todini seguaci di Enrico VII imperatore di Germania. In quella circostanza buona parte del territorio perugino fu messa a sacco e devastata. Il ponte di Montemolino rimase, per lunghi secoli, in triste abbandono, testimonianza di rovina e di morte.