EMERITI OMINI E EMERITE DONNE TUDERTI, MASTRI/E DE MISTIERE, DA RICORDÀ
2 AgoLa momoria va stimolata perché è el diario de la nostra storia
BARBIERI – Albertano Alcini e Odisseo Jannacci
BRECCIAROLO – Erminio Romualdi
FALIGNAME RESTAURATORE – ERnesto Zoccoli
FARMACISTA – Milena Resta
FARMACISTA – Maria Tabarrini
FIORAJA – Anna Burioli
FORNARO – Alberto Chinea
FUNARO – Nazareno Alessandrelli
GUARDIA COMMUNALE – Piero Provenzani detto Pierino
GUARDIANO DEL TEATRO – Lorenzo Ranacchia
IMBIANGHINO – Angelo Rossi
INFERMIERA FERRISTA – Anna Fornetti
LEVADRICE – Elide Pieroni
MANISCALLO – Federico Sistoni
MURATORE – Giacomo Marchetti detto el Moro
NOLEGGIATORE già TORNITORE – Daniele Tomassini
ORAFO – Domenico Bernardini detto Memetto
PARRUCCHJERA – Anna Antonini
PROFESSORESSA DE LATINO – Asalgisa Tascio
SALDATORE – Augusto Canali
SARTA – Clara Ranucci
SARTO – Guglieilmo Mantilacci
STAGNINO LATTONIERE – Alfonso Bianchi
SARTO – Dario Gabusi
SCARPELLINO – Novellino Mariani
SELLARO – Costantino Cricco
SENZALE – Utizio Pieroni
TIPOCRAFO e Vicesinnico de Todi – Udriade Bianchi
L’ARCHEOLOGO DEI SOGNI e le sue rime
27 Apr
IL POZZO
Secchi di gocce lungo le scale
Braccia pesanti che fanno male
Foschi ricordi di un fare lontano
Quando il lavoro segnava la mano
Ora ti osservo mio pozzo solcato
Tutte le corde che hanno segnato
Per lunghi anni sudato sudore
Attinger l’acqua tirare per ore
E ora che in te si specchia la luna
Getto un soldino e spero…
Fortuna ..
SIAMO UMBRI
Lungo le sponde del fiume dorato
Scende giù Sciarra l’illuminato
Corre in aiuto di povera gente
Garzon di terra che vive di niente
Ora quei tempi io vi rammento
Correva circa l’anno 300
Il popolo umbro era schiacciato
Dal longobardo vile soldato
Così che Sciarra quella mattina
pregna di sangue fredda di brina
Scese possente, gigante fiero
Inalberato sul suo destriero
Porta con se gente natia
Un incredibile cavalleria
Tutti ragazzi pronti a pugnare
Ma al longobardo non sottostare
E fu’ nel mentre ,come bufera
Dal cielo un aquila enorme e nera
Segno divino colpi’ il longobardo
Fuggito tosto , con fare vigliacco
Siena e Viterbo erano salvi
Riconoscenti mai troppo tardi
Ed oggi sul muro dei prodi priori
Il nostro stemma fa’ mostra li’ fuori
Aquila bella becco dorato
Che quelle genti un di’ ci ha donato
E ci ricorda che popolo siamo
Anche se a volte non rammentiamo
Il cuore impavido che in petto batte
Fa’ cenci al mondo spalanca le porte
E se qualcuno per caso .. disturbi..
Gli ricordiamo … siam noi ..,
Siamo UMBRI..
ARIA DI FESTA
Nebbie fitte del mattino
Legna e fuoco nel camino
Aria fredda nella mente
E coprirsi è conveniente
Pranzi caldi al focolare
Cose buone da mangiare
Di profumi di ricordi
E di splendidi tramonti
Scorre lungo le stradine
Il ricordo delle brine
Del profumo le ginestre
I vestiti per le feste
I mercati del rione
Sempre pieni di persone
Luoghi sempre tanto amati
Desideri ritrovati
Ogni volta poi andar via
Era sempre un’agonia
Mi domando e nella testa
Questa cosa ancora resta
Cosa lega poi un bambino
ad un luogo a lui vicino?
Forse solo quel sentire ,
Delle fronde lo stornire
L’ Aria buona nei polmoni
O l’arrosto dei piccioni ?
Scherzo , rido, canto e ballo
Quando riesco a ritrovarlo
Quel paese benedetto,
Che per sempre porto in petto.
LE CATENE IN PIAZZA GRANDE
18 AprDisegno di Bartolini
LE CATENE IN PIAZZA GRANDE
Fino al 1337 le vie che conducevano in Piazza Grande erano sbarrate da catene che avevano il compito di intralciare possibili inruzioni di malintenzionati a cavallo, eventi che accadevano spesso con scaramucce tra fazioni in contrapposizione. Fu in quell’anno che si tolsero e se prima potevano anche essere una divisione tra l’area di spettanza ai nobili e quella riservata al popolo, quest’evento volle eliminare, come si disse, un segno di servitù. Però si rafforzò l’attenzione affinché la Platea Comunis non fosse teatro di crimini e malefatte e si appesantirono le sanzioni per chi commettesse atti contrari al rispetto della legge, così che, lo stesso crimine compiuto nell’area della Piazza Grande, era soggetto ad aggravanti nell’attribuire la pena.
PIAZZA GARIBALDI
17 Apr
PIAZZA GARIBALDI
Nel tempo fu chiamata Piazza Piccola, Piazza San Giovanni, Piazza del Comune, Piazzetta, Piazza Nuova. Non era ampia così come si presenta oggi, poiché dalla parte della odierna balaustra insisteva la chiesa di San Giovanni e Paolo che occupava quasi mezza aerea dell’intera piazza. Detta chiesa, trascurata e minacciante rovina fu in parte demolita dai ghibellini nel 1261, atto palesamente ostile nei confronti del priore e dei canonoci guelfi. Nel 1298 fu rasa al suolo per ordine di Bonifacio VIII ed è in quell’occasione che prese il nome di Piazza Nuova. Nel luglio del 1555 si incaricò un tale Giambattista, detto Borgnaccia, di vigilare sul decoro della piazza e sull’andamento del mercato che in essa si teneva. È nell’anno 1882 che il Comune deliberò di dare il nome di Giuseppe Garibaldi ad una via o piazza della città e, poiché in seguito si decise di erigerci il monumento, da quel momento prese il nome di Piazza Garibaldi. Tempi addietro ci fu chi era propenso ad uno spostamento del monumento presso i Giardinetti (Giardini Oberdan) e se fosse avvenuto la piazza avrebbe cambiato nuovamente nome. Non se ne fece nulla e Piazza Garibaldi è restata col suo toponimo, con il vanto di essere stata centro sociale, culturale e commerciale di Todi.
1890 – Inaugurazione monumento a Garibaldi
AVVENIMENDI DE JERI IN CITTÀ (Fojo uno)
26 Feb2 gennaro 1862 – Fune fonnata la Società del Mutuo Soccorso tra artiggiani e operaji. Li promotori funno: Angelo Angelini, Adriano Antonini, Paolo Leli, Girolamo Dominici e Bonaventura Umani.
13 gennaro 1885 – Nascette la Società di Tiro a segno nazionale pe’ opra de: Paolo Leli, Vittorio Ciampini e Primo Giazzi.
21 gennaro 1894 – Fune inaugurata la Mostra Mandamentale Agricola-Industriale-Artistica ‘ntel novo palazzo de la Congregazzione, già spedale de Sanda Catirina. La mostra durò fino al 5 de febbraro.
23 gennaro 1638 – Fijo de un modesto falegname nascette l’architetto Francesco Sforzini. ‘Ntel 1676 ricostruì il Teatro Stabile dei Signori. Alla sua inagurazzione del 1678 fu data un’opera dòe funzionarono diciassette macchine teatrali, tutte ‘nvendate dallo Sforzini.
28 gennaro 1923 – Furno terminati i laòri de la costruzzione de la scalea de San Fortunato, opra disegnata da l’architetto Cesare Bazzani.
1 febbraro 1498 – El commune de Todi mannò messer Gianfabrizio degli Atti a conzegnà ta Bartolomeo D’Alviano, comme regalo de nozze de la città de Todi, due coppe d’argendo con lo stemma cittadino.
6 febbraro 1901 – Furno terminati i laòri de ricopertura col piommo de le cupole del Tempio della Consolazione e de andri restauri, sotto la dirizzione de l’ingegnere Agostino Lami.
LA LEGGENDA DI TODI SECONDO MARCUS TERENTIUS VARRO (nato 116 a.C. – morto 27 a.C.)
6 FebLA LEGGENDA DI TODI SECONDO MARCUS TERENTIUS VARRO (nato 116 a.C. – morto 27 a.C.)
Porsenna, fratello del re di Chiusi, cacciato e fuggitivo giunse presso la località chiamata Collemezzo. Mentre i suoi uomini erano intenti a segnare la cinta delle mura della città che voleva fondare, un’aquila ghermì un telo del cantiere e volò imperiosa verso un alto monte, lasciandolo poi cadere sulla sua cima. Come segno di protezione, Porsenna vide l’aquila che inseguiva e uccideva altri rapaci, cacciandoli dal cielo che sovrastava il monte. Egli interpretò questi eventi come buoni auspici per una città protetta dai numi e forte nell’arte della guerra e decise di costruire lì le prime fondamenta delle mura e, insieme ai suoi pochi seguaci eresse un’altissima Rocca ed il monte fu chiamato Aventino, dal latino “adventare” (giungere). La fertilità del territorio circostante favorì lo sviluppo demografico, tanto che in poco tempo gli abitanti divennero oltre diecimila. L’abitato aveva bisogno di un nome e allora Porsenna nominò cinquanta senatori che dovevano, dopo aver invocato gli dei per un propizio segnale, decidere quale nome dare alla nuova città. Trascorsero quindici giorni senza che i senatori ricevessero un segnale divino, tanto che presero la decisione di tornare a Collemezzo. Giunti presso un crocicchio nel bosco, uno dei senatori più venerabile esclamò: “Dove stiamo andando? Invochiamo nuovamente i numi affinché si ricordino do noi”. Appena pronunciate queste parole uno stormo di todi, nobili uccelli, comparve volando quasi a sfiorare le teste dei senatori. Accolto l’auspicio ritornarono verso l’Aventino e dopo questo evento la città fu chiamata Toderizia e gli abitanti vissero pacificamente, moltiplicandosi, per oltre venti lustri.